Quando i sogni diventano un lavoro
“Se nessuno bussa alla tua porta, costruisci una porta”
di Gioia Belardinelli
In una di quelle giornate estive romane che ci ricorderemo per molto tempo ma che probabilmente segna solo l’inizio della nuova definizione di “caldo infernale”, sembra che l’unica via d’uscita sia rintanarsi in qualche posto dotato di aria condizionata (e sappiamo benissimo che in questo modo peggioreremo solo la situazione, ma questa è un’altra storia…), incontro Daniel Bondì, giovane regista emergente ma anche attore, sceneggiatore e produttore. Insomma una persona che di idee e di sogni ne ha tanti e cerca di realizzarli nonostante tutto.
Ciao Daniel e benvenuto a Just Life. Vuoi parlarci un pò di te?
Ho iniziato a studiare recitazione al liceo quasi per caso, quando avevo quattordici anni perché c’era un laboratorio teatrale e soprattutto c’era questa bellissima ragazza del quinto liceo, la classica ragazza irraggiungibile, che venne a chiedere nella mia classe chi volesse far parte del gruppo teatrale, e io ovviamente mi candidai subito nella speranza di rivederla.
Quindi si può dire che il mio rapporto con l’arte è nato anche grazie alle donne.
Fortuna volle che questo laboratorio era diretto all’epoca da Marco Perrone, un autore Rai davvero molto bravo.
Così a quattordici anni, per la prima volta, sono salito sul palco e me ne sono subito innamorato, e ogni volta che iniziava il laboratorio avvertivo una vera e propria sensazione di benessere.
Il laboratorio si è poi trasformato in una compagnia teatrale e da lì ho iniziato a viaggiare.
Un altro punto di svolta e di crescita è arrivato a vent’anni dove, durante una MasterClass, ho incontrato Bernard Hiller, un segnante e coach di recitazione di fama internazionale molto bravo, con clienti del calibro di Leonardo Di Caprio, Cameron Diaz, George Clooney e tanti altri.
A fine corso lui mi chiese se volevo andare a studiare a Los Angeles, ho accettato e sono andato a studiare nella sua accademia. Ho studiato canto e danza, con pessimi risultati (ride)… sono un pessimo ballerino, ma serve per il mestiere.
Come sei arrivato alla regia?
Prima, sono passato per la scrittura perché avevo la necessità di condividere delle storie. Non mi bastava più interpretare i personaggi che mi “commissionavano”, volevo creare io quelli che avevo dentro, quelli con cui la gente potesse rispecchiarsi.
Avevo l’esigenza di scrivere qualcosa di vero e di puro prendendo spunto dalla vita e dalle emozioni reali.
Quindi, sempre a Los Angeles, ho iniziato a studiare anche scrittura creativa.
A quel punto, dopo aver imparato a recitare e a scrivere, ho pensato che il passo successivo fosse imparare anche a dirigere le mie cose. Come si dice a Roma: “Me la canto e me la suono”.
La regia è stato quasi un passaggio naturale, frutto del grande amore per le storie e della necessità di volerle condividere.
Ci parli del tuo debutto alla regia?
Nel 2016, dopo aver avuto una piccola delusione, sono tornato a casa e ho trasformato questa delusione in un’opportunità. In America mi avevano insegnato: “Se nessuno bussa alla tua porta, costruisci una porta”, il che significa crearsi le proprie opportunità senza aspettare che qualcuno te le offra.
Quindi ho pensato: “Ok, nessuno mi dà un’opportunità?! Allora me la devo creare da solo”, perché penso sia inutile lamentarsi, e sentirsi vittima non è mai qualcosa di interessante, nemmeno per un personaggio cinematografico.
Quindi sono tornato e in un pomeriggio ho scritto un cortometraggio pensando che uno dei protagonisti, oltre a me, dovesse essere Max Tortora, che io assolutamente non conoscevo e oltretutto all’epoca non sapevo nemmeno chi fosse il suo agente.
Ma sapevo che sarei riuscito a farlo. E alla fine ce l’ho fatta. Sono riuscito ad avere il contatto del suo agente attraverso il quale ho conosciuto Max Tortora: non solo un artista che stimo molto ma anche un essere umano che ho scoperto essere meraviglioso. Siamo diventati molto amici e ne sono davvero contento.
Così ha preso vita la mia prima regia. “Conosce qualcuno?” è una piccola commedia “amara” di sei minuti, il cui protagonista è un aspirante sceneggiatore. Il cortometraggio ha vinto tantissimi premi ed è stato anche presentato, fuori concorso, al Festival di Venezia. Un periodo veramente bellissimo.
Qui a Just Life, come sai, parliamo di benessere psicofisico, e la realizzazione di un sogno lavorativo sicuramente incide molto su questi aspetti. Che sensazioni hai provato la tua “prima” volta?
A differenza di tanti altri lavori, il lavoro dell’artista è un susseguirsi di prime volte. In realtà è un mestiere strano, a volte ti senti frustrato perché non arriva quello che ti aspetti, e a un certo punto capisci che le opportunità devi creartele da solo.
Da ciò che dici, mi confermi quanto sia fondamentale coltivare l’equilibrio con noi stessi per trasformare un sogno nel proprio lavoro. Tu come coltivi la tua autostima?
Penso semplicemente che se ti preoccupi di cosa pensano gli altri non farai mai niente. A me capita spesso di pensare che abbiamo poco tempo su questa terra e quindi mi chiedo: “Davvero voglio sprecare il mio tempo a pensare o a soffermarmi sulle critiche che mi fanno gli altri?!”
Parliamo ora del cortometraggio “Non aspettare”, un progetto al quale tengo molto anche io: non a caso Just Life è uno degli sponsor, perché affrontare con sensibilità e verità temi legati alla violenza contro le donne è per noi fondamentale, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica. C’è ancora molto lavoro da fare, in effetti, e le ultime notizie di cronaca non ci smentiscono di certo…
Cosa ti ha motivato, da uomo, per deciderti a scrivere un corto sulla violenza contro le donne?
Sono sempre stato particolarmente toccato dalla violenza psicologica (…troppo spesso ancora sottovalutata, ndr), un tipo di violenza talmente subdola e potente, che può cambiare una persona fino a portarla al gesto più estremo come togliersi la vita.
E il tema della violenza psicologica lo troviamo al centro di tante problematiche: violenza contro le donne, bullismo, sessismo e razzismo. La violenza psicologica mi ha sempre provocato un male fisico.
Nel corso degli anni mi è capitato spesso di vedere coppie nelle quali l’uomo si sente in diritto di prevaricare verbalmente la propria compagna, con atteggiamenti spesso aggressivi, quasi gli fossero dovuti, il che ho sempre pensato sia un modo maldestro di nascondere un proprio senso di insicurezza e inferiorità nei confronti della donna.
Anche solo dire “stai zitta!”è una violenza e spesso prelude alle manifestazioni esplicite di violenza fisica.
Quindi volevo raccontare quel mondo di violenza in generale che l’uomo si porta dentro nei confronti di una donna, e ho deciso di raccontarlo attraverso l’evoluzione di un rapporto di coppia che all’inizio sembra un rapporto come tanti ma che a un certo punto lascia emergere i lati “oscuri” dell’uomo. E in questo c’è un messaggio ben preciso, e cioè che non tutto è come sembra. Colui che può sembrare un uomo dolce e attento all’esterno, poi nel rapporto può rivelare la sua vera natura violenta. Io interpreto questo personaggio negativo ed è la prima volta. L’essere umano, lo sappiamo tutti, è fatto di luci e ombre e a volte le ombre prendono il sopravvento.
Il corto sta avendo successo?
Sì, molto, in effetti. È distribuito da Premiere film, una delle società di distribuzione più importanti e sono molto felice di lavorare con loro. Il cortometraggio sta partecipando a molti festival come quello di Taormina, il Social Film Award, e ha vinto la sezione “Per corti di vita” all’interno del festival di Torino. Ora è in concorso in Sardegna. Insomma tante tappe che non ricordo tutte (ride). Ha già vinto diversi premi, raccolto nomination in festival molto importanti, lo stanno vedendo in tutta italia. Fino alla scorsa settimana è stato sulla piattaforma di Rai Cinema Channel, anche se solo per una settimana a causa delle leggi di distribuzione. Si potrà vedere anche in streaming quando finirà il percorso dei festival, quindi più o meno a marzo del prossimo anno. Si possono però organizzare sin d’ora delle proiezioni pubbliche, cosa che già faccio.
Hai già altro in programma?
Mi sto spostando anche sulla produzione. Dopo la recitazione, la scrittura e la regia mancava solo quello. Sto frequentando da sei mesi un’accademia per diventare produttore perché non si smette mai di imparare. Vorrei raccontare più storie possibili, nella mia vita.
Mi hai parlato di una piattaforma, puoi spiegarmi meglio?
Insieme a Francesco Apolloni (produttore, regista, giornalista bravissimo) ho questa piattaforma, www.startalenti.it, per la formazione di aspiranti artisti, attori, produttori, sceneggiatori, per capire come si fa questo mestiere. Utile anche per professionisti che intendano migliorarsi e tenersi sempre aggiornati. Ci sono circa 80 lezioni sul superamento dei blocchi personali, su come curare le ferite passate e trasformarle in opportunità, per il potenziamento dell’autostima. Insomma, un percorso completo legato alla preparazione in vista dei successivi studi di recitazione. Poi ci sono le week di formazione sulla recitazione, sulla sceneggiatura, sulla regia e sulla distribuzione. Dal 2018 ha un grande successo, con centinaia di studenti frequentanti in tutta italia. Si può frequentare anche utilizzando il Bonus Cultura. Inoltre organizziamo MasterClass dal vivo, affittiamo teatri a Roma, invitiamo produttori, registi e tanti altri professionisti famosi e conosciuti sia in Italia che all’estero.
Insomma dal punto di vista lavorativo fai tante cose con grandi soddisfazioni ma che cosa è il successo per te?
Per quanto il lavoro sia fondamentale e dia molte soddisfazioni, il mio vero successo è la famiglia. Non avrei mai potuto immaginare una vita senza figli.
Il tuo lavoro ti licenzierà, si dice, per me la felicità è pensare un giorno di diventare nonno Daniel e poter portare tutta la mia famiglia in vacanza, una grande famiglia. Per me questa è la felicità, mia moglie che mi chiede come sto e mi accarezza, svegliarsi la mattina e vedere mia moglie che dorme ancora ed essere sicuro di aver sposato la donna della mia vita, che amo, è abbracciare mio figlio, per me la famiglia è felicità e successo. La famiglia ti fa star bene, senza nemmeno il bisogno di avere tanti soldi.
Come coltivi il tuo benessere psicofisico?
Non dipendere da nessuno ma essere consapevole di crearti da solo le opportunità dal punto di vista lavorativo: come detto prima, non aspettare che qualcuno bussi alla tua porta ma costruisci la porta; e poi l’amore, la famiglia, la fede, le persone vicine che ti vogliono bene e che ti supportano; e poi riconoscere sempre le persone negative ed escluderle per tempo dalla tua vita, in modo carino però… (ride). E poi fare sport: all’inizio è dura e magari non ti va, a me capita spesso, ma quando ho finito dico sempre “meno male che ci sono andato, quanto mi sento meglio…”
Un saluto ai lettori di Just Life?
Prima cosa volevo fare i complimenti a chi ha creato Just Life, è sempre fondamentale parlare di benessere e sostenibilità. E quindi continuate a seguire Just Life e la sua Ceo e Founder perché è super positiva e preparata e propone sempre argomenti interessanti (Grazie!, ndr).
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