di Nadia Lucia Cerioli
Si fa un gran parlare di come ciascuno di noi possa, nel suo piccolo, portare un contributo concreto per ridurre gli impatti ambientali negativi delle proprie attività e, per fare ciò, una delle azioni di più semplici e di immediata attuazione risulta essere quella di orientare le nostre scelte da consumatori verso prodotti che assicurino sostenibilità ambientale lungo tutto il loro ciclo di vita.
Tuttavia, non sempre ciò che viene pubblicizzato da brand anche famosi corrisponde fino in fondo alla realtà dei fatti. Ovvero, a volte, la rinnovata sensibilità ambientale reclamizzata da certi marchi non si traduce del tutto in azioni di attenzione verso l’ambiente ma si tratta di slogan che possiamo catalogare in quello che viene chiamato greenwashing.
Ma cosa significa esattamente? E perché è così importante conoscerlo e riconoscerlo?
Letteralmente tradotto come “lavaggio verde”, greenwashing è un neologismo inglese che individua le strategie di marketing e comunicazione (fino ad arrivare ad iniziative di responsabilità sociale) utilizzate da aziende, associazioni, etc. per costruirsi un’immagine menzognera sotto il profilo dell’impatto ambientale al fine di distrarre il consumatore o coprire del tutto l’impatto ambientale negativo delle proprie attività, metodologie di produzione o dei propri prodotti.
Tutto ciò è ovviamente messo ingannevolmente in atto con lo scopo di proporre un’immagine di sé migliore e di attrarre fette di consumatori attenti ai temi ambientali.
Questa definizione del fenomeno, che risale al 2013, appare quantomai calzante: “Appropriazione indebita di virtù e di qualità ecosensibili per conquistare il favore dei consumatori o, peggio, per far dimenticare la propria cattiva reputazione di azienda le cui attività compromettono l’ambiente.” (Furlanetto, 2013).
Nella pratica, il greenwashing si attua mettendo in atto strategie precise, come ad esempio:
1. dichiarazioni ambientali false
2. etichette o certificazioni ambientali contraffatte
3. slogan vaghi o volutamente fraintendibili, non supportati da dati concreti
4. indicazioni generiche sui prodotti o le metodologie di produzione
Quindi, è comprensibile che, se vogliamo davvero contribuire al benessere nostro e del Pianeta che ci ospita, diventa necessario comprendere questi meccanismi per effettuare scelte consapevoli anche evitando gli inganni pubblicitari che ci vengono continuamente proposti.
Ma come possiamo difenderci da questi messaggi falsi? Come possiamo smascherarli?
Per aiutarci in questa impresa, in Italia il greenwashing è stato catalogato come pubblicità ingannevole ed è stato posto sotto il controllo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Ma non basta, ed è per questo che il 22 marzo 2023 la Commissione europea ha proposto la Direttiva Green Claim, con la quale vengono individuati criteri per contrastare il greenwashing e le dichiarazioni ambientali ingannevoli.
In tal modo, i consumatori potranno contare su maggiore chiarezza e maggiori garanzie della reale sostenibilità ambientale dei prodotti che acquistano e potranno fruire di informazioni più complete per orientarsi consapevolmente nella scelta di prodotti e servizi rispettosi dell’ambiente.
La proposta mira anche a premiare le imprese, che realmente promuovono la sostenibilità ambientale con i loro prodotti e le loro produzioni, rendendole più facilmente riconoscibili e combattendo con loro la concorrenza sleale cui sono sottoposte.
Infatti, le aziende saranno obbligate a fornire prove evidenti sulla fondatezza di tutte le loro dichiarazioni di sostenibilità e attenzione ambientale, portando a supporto di ciò prove scientifiche, trasparenti e disponibili per tutti via QR code o sui siti web aziendali, sull’intero ciclo di vita dei propri prodotti.
Inoltre, le etichette ambientali dovranno essere veritiere, trasparenti e verificate da terze parti. Multe salate saranno irrogate a coloro che faranno uso di dichiarazioni ambientali non comprovate per commercializzare i propri prodotti o servizi.
Benché molte associazioni ambientaliste abbiano evidenziato alcuni gap che rendono la proposta meno efficace di quanto possa essere implementandone alcuni aspetti, la buona notizia è che si stanno compiendo passi avanti anche nel campo della trasparenza e del marketing ambientali, ambiti finora poco presidiati. La discussione europea, comunque, deve proseguire e non è detto che il testo proposto non possa migliorare.
In ogni caso, per noi consumatori attenti all’ambiente e alla sostenibilità del proprio stile di vita è fondamentale avere alleati, istituzionali e non, che ci aiutino a dare il nostro contributo concreto.
Quindi, ben vengano queste iniziative!
E nel frattempo occhi aperti e spirito critico!
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